Il Piano Juncker
Orientamenti e obiettivi politici
Orientamenti e obiettivi politici
Nel discorso tenutosi il 15 luglio 2014 dinanzi al Parlamento europeo riunito in seduta plenaria, il futuro Presidente della Commissione Jean Claude Juncker esponeva il suo piano per i cinque anni a venire.
Il programma verte su dieci settori strategici dei quali si occuperà la Commissione, mentre altri interventi verranno delegati agli Stati membri in accordo col principio di sussidiarietà, cardine dell’Unione europea.
Il caso del Presidente Juncker necessita di un’ulteriore osservazione in merito alla procedura di elezione: per la prima volta nella storia delle istituzioni europee il Presidente della Commissione è stato eletto dal Consiglio europeo e dal Parlamento europeo tenendo conto dei risultati delle elezioni parlamentari del maggio 2014.
Per la prima volta dunque le federazioni partitiche europee hanno avviato campagne elettorali che comprendevano anche la figura del Presidente della Commissione (organo esecutivo e quindi figurante di un “governo europeo”) da designare in caso di vittoria, sottolineando così la componente squisitamente politica della competizione elettorale.
Una svolta politica dunque, in un’Europa vessata da tecnicismi e da un’imponente burocrazia, porta sicuramente una ventata di freschezza nei meccanismi istituzionali attuali e una speranza per le riforme del futuro.
Ma vediamo brevemente nel dettaglio le proposte, divenute ormai programma, e il percorso ideato per attuarle.
1.Il rilancio dell’occupazione, della crescita e degli investimenti: rappresenta la pietra miliare del piano Juncker e prevede la creazione di 315 miliardi di euro da immettere nel mercato per favorire le imprese, tramite una maggiore erogazione di prestiti bancari, e i lavoratori con la creazione di nuovi posti di lavoro.
Nonostante i buoni propositi presenti nei contenuti, il metodo di creazione di questi fatidici 315 miliardi finali rimane nebuloso e incerto, ma non privo di elementi interessanti e sicuramente propositivi per la crescita.
Il piano vede la creazione di un nuovo ente europeo: l’EFSI (Fondo europeo per gli investimenti strategici) che collabori con la BEI (Banca europea per gli investimenti), già attiva da 50 anni.
Bisogna specificare che i fondi iniziali a disposizione dell’EFSI ammontano a 21 miliardi, di cui per ora solo 13 effettivi: 5 miliardi provenienti dalla BEI e 16 dal bilancio dell’UE, di cui 8 miliardi provenienti da risorse già stanziate e ricollocabili in modo da garantire l’erogazione di altri 8 miliardi.
Con questi 21 miliardi di euro, che rimangono al momento sulla carta, la BEI emetterebbe obbligazioni in grado di generare 60 miliardi di euro per finanziare i primi progetti.
Il piano si basa sull’idea dell’effetto moltiplicazione che innescherebbe il piano d’investimenti, attirando capitali provenienti dai privati e dall’estero e finendo col generare circa 315 miliardi di euro tra prestiti e investimenti nell’economia reale.
La Commissione ritiene il piano credibile, considerato che sarebbe l’EFSI stesso ad accollarsi i rischi accettando di essere ripagato come ultimo creditore, facendosi così garante del piano e incoraggiando gli investitori privati.
Di questi ipotetici 315 miliardi, 240 verrebbero destinati a progetti di portata strategica a livello europeo (infrastrutture di trasporto, banda larga, reti energetiche, istruzione e ricerca, energie rinnovabili etc.) mentre 75 a piccole e medie imprese.
Il piano in fieri e le sue finalità rappresentano sicuramente un modello positivo di riferimento, rimane tuttavia incerto l’esito di moltiplicazione auspicato, passibile nonostante tutto di un certo ottimismo.
2. Mercato unico digitale connesso: secondo Juncker i benefici della creazione di un mercato unico digitale e di conseguenza lo sfruttamento efficace delle nuove tecnologie produrrebbe un’ulteriore crescita di 250 miliardi di euro a livello europeo.
3. Unione dell’energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici: gli eventi critici degli ultimi anni hanno ricordato ai governanti europei quanto il nostro continente sia dipendente da altri attori mondiali a livello energetico; un punto debole di proporzioni enormi che rischia di mettere in pericolo la stabilità e la prosperità del continente europeo.
Un’unione energetica europea che investa nelle energie rinnovabili risulta necessaria e di vitale importanza nel contesto mondiale odierno, sia per prendere decisioni politiche indipendenti che per rispettare gli impegni presi con l’ambiente e le generazioni future, in linea con la Conferenza ONU di Parigi del 2015.
4. Mercato interno più integrato e più equo con una base industriale più solida: come sappiamo l’integrazione economica rimane imperfetta e una maggiore integrazione consentirebbe di facilitare gli obiettivi di crescita e di occupazione; Juncker propone un’unione dei mercati di capitali e la promozione della mobilità dei lavoratori.
5. Unione economica e monetaria più integrata ed equa: si fa riferimento alla revisione degli ultimi trattati in materia economica quali il Fiscal Compact, il Six Pack e il Two Pack, senza specificare però obiettivi concreti; si accenna anche alla necessità di un’unione fiscale tra i paesi dell’Eurozona.
6. Un accordo di libero scambio con gli USA: Juncker ribadisce l’indisponibilità a negoziare i livelli di tutela europei in merito a sicurezza, salute, protezione sociale e protezione dei dati; tuttavia le negoziazioni in corso del TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti), non lasciano ben sperare in merito alle tutele, considerato il fatto che i negoziati si tengono nel massimo riserbo e lontani dagli occhi indiscreti della società civile e delle parti sociali da rappresentare; fatto che ha da subito mobilitato una parte dell’opinione pubblica europea contraria al trattato.
7. Uno spazio di giustizia e diritti fondamentali basato sulla fiducia reciproca: s’intende conferire ad un Commissario la responsabilità specifica della Carta dei diritti europea e l’adesione dell’UE alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo (CEDU); si fa riferimento anche al rafforzamento della cooperazione giudiziaria.
8. Verso una nuova politica della migrazione: Juncker riconosce il momento di crisi legato all’aumento dell’immigrazione nel continente europeo e menziona l’implementazione di nuove politiche per favorire la migrazione legale e una politica comune in materia di asilo, una maggiore cooperazione con i paesi terzi per prevenire la migrazione illegale nonché l’aumento delle risorse per l’agenzia europea FRONTEX per migliorare il controllo delle frontiere europee.
9. Un ruolo più incisivo a livello mondiale: si parla più che altro di rafforzamento e cooperazione, l’unico passo in avanti rappresenta un ipotetica forza di difesa europea su base volontaria relativamente alla cooperazione strutturata.
10.Un’unione di cambiamento democratico: si garantisce la trasparenza nei contatti con i portatori d’interesse e l’importanza di un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali, una menzione che più che altro scoraggia perché rappresenta un passo indietro rispetto alla legittimazione del Parlamento europeo in quanto organo rappresentativo della popolazione europea.
Un cambiamento democratico che sembra coinvolgere sempre di più le nazioni dunque, e sempre meno le istituzioni europee legittimate dal voto elettorale; allo stesso tempo però Juncker fa riferimento all’Europa a due velocità, ovvero alla possibilità di un’ulteriore processo d’integrazione tra i paesi che si ritengono pronti per la cooperazione rafforzata o addirittura per la stipulazione di trattati che contengano una clausola di opting out come accadde per l’Unione monetaria europea (UME) e Schengen, l’accordo che istituiva la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali tra i paesi firmatari.
Riguardo al tema della democrazia si riscontra quindi una certa ambivalenza del Presidente, allora semplice candidato alla Presidenza; forse per non scoraggiare chi di Europa ne vuole poca e chi forse ne vuole di più.
Dall’analisi del piano Juncker appare evidente la volontà di rafforzare alcune entità già esistenti e di procedere in maniera funzionalistica alla costruzione dell’Europa del futuro, rispondendo prima di tutto al problema della mancata crescita che attanaglia gli Stati del continente.
Un programma che sicuramente ha scelto obiettivi coerenti e importanti per un’Unione più forte, ma soltanto il futuro potrà fornirci le risposte che cerchiamo, poiché la carta canterà anche, ma sono i fatti che contano.
Greta Liscio
Di seguito il link per la spiegazione in breve del piano d’investimenti da parte del Vicepresidente Jyrki Katainen
http://ec.europa.eu/priorities/jobs-growth-investment/plan/index_en.htm
Il programma verte su dieci settori strategici dei quali si occuperà la Commissione, mentre altri interventi verranno delegati agli Stati membri in accordo col principio di sussidiarietà, cardine dell’Unione europea.
Il caso del Presidente Juncker necessita di un’ulteriore osservazione in merito alla procedura di elezione: per la prima volta nella storia delle istituzioni europee il Presidente della Commissione è stato eletto dal Consiglio europeo e dal Parlamento europeo tenendo conto dei risultati delle elezioni parlamentari del maggio 2014.
Per la prima volta dunque le federazioni partitiche europee hanno avviato campagne elettorali che comprendevano anche la figura del Presidente della Commissione (organo esecutivo e quindi figurante di un “governo europeo”) da designare in caso di vittoria, sottolineando così la componente squisitamente politica della competizione elettorale.
Una svolta politica dunque, in un’Europa vessata da tecnicismi e da un’imponente burocrazia, porta sicuramente una ventata di freschezza nei meccanismi istituzionali attuali e una speranza per le riforme del futuro.
Ma vediamo brevemente nel dettaglio le proposte, divenute ormai programma, e il percorso ideato per attuarle.
1.Il rilancio dell’occupazione, della crescita e degli investimenti: rappresenta la pietra miliare del piano Juncker e prevede la creazione di 315 miliardi di euro da immettere nel mercato per favorire le imprese, tramite una maggiore erogazione di prestiti bancari, e i lavoratori con la creazione di nuovi posti di lavoro.
Nonostante i buoni propositi presenti nei contenuti, il metodo di creazione di questi fatidici 315 miliardi finali rimane nebuloso e incerto, ma non privo di elementi interessanti e sicuramente propositivi per la crescita.
Il piano vede la creazione di un nuovo ente europeo: l’EFSI (Fondo europeo per gli investimenti strategici) che collabori con la BEI (Banca europea per gli investimenti), già attiva da 50 anni.
Bisogna specificare che i fondi iniziali a disposizione dell’EFSI ammontano a 21 miliardi, di cui per ora solo 13 effettivi: 5 miliardi provenienti dalla BEI e 16 dal bilancio dell’UE, di cui 8 miliardi provenienti da risorse già stanziate e ricollocabili in modo da garantire l’erogazione di altri 8 miliardi.
Con questi 21 miliardi di euro, che rimangono al momento sulla carta, la BEI emetterebbe obbligazioni in grado di generare 60 miliardi di euro per finanziare i primi progetti.
Il piano si basa sull’idea dell’effetto moltiplicazione che innescherebbe il piano d’investimenti, attirando capitali provenienti dai privati e dall’estero e finendo col generare circa 315 miliardi di euro tra prestiti e investimenti nell’economia reale.
La Commissione ritiene il piano credibile, considerato che sarebbe l’EFSI stesso ad accollarsi i rischi accettando di essere ripagato come ultimo creditore, facendosi così garante del piano e incoraggiando gli investitori privati.
Di questi ipotetici 315 miliardi, 240 verrebbero destinati a progetti di portata strategica a livello europeo (infrastrutture di trasporto, banda larga, reti energetiche, istruzione e ricerca, energie rinnovabili etc.) mentre 75 a piccole e medie imprese.
Il piano in fieri e le sue finalità rappresentano sicuramente un modello positivo di riferimento, rimane tuttavia incerto l’esito di moltiplicazione auspicato, passibile nonostante tutto di un certo ottimismo.
2. Mercato unico digitale connesso: secondo Juncker i benefici della creazione di un mercato unico digitale e di conseguenza lo sfruttamento efficace delle nuove tecnologie produrrebbe un’ulteriore crescita di 250 miliardi di euro a livello europeo.
3. Unione dell’energia resiliente con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici: gli eventi critici degli ultimi anni hanno ricordato ai governanti europei quanto il nostro continente sia dipendente da altri attori mondiali a livello energetico; un punto debole di proporzioni enormi che rischia di mettere in pericolo la stabilità e la prosperità del continente europeo.
Un’unione energetica europea che investa nelle energie rinnovabili risulta necessaria e di vitale importanza nel contesto mondiale odierno, sia per prendere decisioni politiche indipendenti che per rispettare gli impegni presi con l’ambiente e le generazioni future, in linea con la Conferenza ONU di Parigi del 2015.
4. Mercato interno più integrato e più equo con una base industriale più solida: come sappiamo l’integrazione economica rimane imperfetta e una maggiore integrazione consentirebbe di facilitare gli obiettivi di crescita e di occupazione; Juncker propone un’unione dei mercati di capitali e la promozione della mobilità dei lavoratori.
5. Unione economica e monetaria più integrata ed equa: si fa riferimento alla revisione degli ultimi trattati in materia economica quali il Fiscal Compact, il Six Pack e il Two Pack, senza specificare però obiettivi concreti; si accenna anche alla necessità di un’unione fiscale tra i paesi dell’Eurozona.
6. Un accordo di libero scambio con gli USA: Juncker ribadisce l’indisponibilità a negoziare i livelli di tutela europei in merito a sicurezza, salute, protezione sociale e protezione dei dati; tuttavia le negoziazioni in corso del TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti), non lasciano ben sperare in merito alle tutele, considerato il fatto che i negoziati si tengono nel massimo riserbo e lontani dagli occhi indiscreti della società civile e delle parti sociali da rappresentare; fatto che ha da subito mobilitato una parte dell’opinione pubblica europea contraria al trattato.
7. Uno spazio di giustizia e diritti fondamentali basato sulla fiducia reciproca: s’intende conferire ad un Commissario la responsabilità specifica della Carta dei diritti europea e l’adesione dell’UE alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo (CEDU); si fa riferimento anche al rafforzamento della cooperazione giudiziaria.
8. Verso una nuova politica della migrazione: Juncker riconosce il momento di crisi legato all’aumento dell’immigrazione nel continente europeo e menziona l’implementazione di nuove politiche per favorire la migrazione legale e una politica comune in materia di asilo, una maggiore cooperazione con i paesi terzi per prevenire la migrazione illegale nonché l’aumento delle risorse per l’agenzia europea FRONTEX per migliorare il controllo delle frontiere europee.
9. Un ruolo più incisivo a livello mondiale: si parla più che altro di rafforzamento e cooperazione, l’unico passo in avanti rappresenta un ipotetica forza di difesa europea su base volontaria relativamente alla cooperazione strutturata.
10.Un’unione di cambiamento democratico: si garantisce la trasparenza nei contatti con i portatori d’interesse e l’importanza di un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali, una menzione che più che altro scoraggia perché rappresenta un passo indietro rispetto alla legittimazione del Parlamento europeo in quanto organo rappresentativo della popolazione europea.
Un cambiamento democratico che sembra coinvolgere sempre di più le nazioni dunque, e sempre meno le istituzioni europee legittimate dal voto elettorale; allo stesso tempo però Juncker fa riferimento all’Europa a due velocità, ovvero alla possibilità di un’ulteriore processo d’integrazione tra i paesi che si ritengono pronti per la cooperazione rafforzata o addirittura per la stipulazione di trattati che contengano una clausola di opting out come accadde per l’Unione monetaria europea (UME) e Schengen, l’accordo che istituiva la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali tra i paesi firmatari.
Riguardo al tema della democrazia si riscontra quindi una certa ambivalenza del Presidente, allora semplice candidato alla Presidenza; forse per non scoraggiare chi di Europa ne vuole poca e chi forse ne vuole di più.
Dall’analisi del piano Juncker appare evidente la volontà di rafforzare alcune entità già esistenti e di procedere in maniera funzionalistica alla costruzione dell’Europa del futuro, rispondendo prima di tutto al problema della mancata crescita che attanaglia gli Stati del continente.
Un programma che sicuramente ha scelto obiettivi coerenti e importanti per un’Unione più forte, ma soltanto il futuro potrà fornirci le risposte che cerchiamo, poiché la carta canterà anche, ma sono i fatti che contano.
Greta Liscio
Di seguito il link per la spiegazione in breve del piano d’investimenti da parte del Vicepresidente Jyrki Katainen
http://ec.europa.eu/priorities/jobs-growth-investment/plan/index_en.htm